GLI EBREI A TEREZÌN
REGIA DI MAURIZIO CICCOLELLA
CON MAURIZIO CICCOLELLA ALESSIA DE BLASI FRANCESCA ZURLO MARILÚ SBANO
PRODUZIONE MÒTUMUS
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Una storia forte, quella degli ebrei a Terezìn. Una storia
che, purtroppo, non è frutto di fantasia. Monologhi di artisti, bambini,
musicisti deportati chissà perché, chissà come in campi di concentramento dai
nazisti. All’inizio della deportazione degli ebrei a Terezìn, “la città donata
agli ebrei del Führer”, i detenuti non erano autorizzati a possedere
strumenti musicali, macchine fotografiche, libri... In realtà, non erano
autorizzati a possedere niente.
Credo che, per un artista, vedere che l’oggetto della
propria passione gli venga sottratto e, magari distrutto, davanti ai suoi occhi
sia come vedere un pezzo di sé che va via con esso. Che sia un violoncello,
piuttosto che una tela e della tempera, o un quaderno o una pellicola o un
libro non cambia: per un essere umano che vive di quelle passioni significa
portare via la sua identità: si tratta, forse, della tortura peggiore da
affliggere ad un uomo.
In un secondo momento, poi, ai musicisti ebrei prigionieri a
Terezìn, fu consentito di riprendere gli strumenti in mano e di suonare per
nazisti, per i loro tornaconto: in particolar modo per far propaganda, giravano
film o spettacoli al fine di mostrare al mondo intero che agli ebrei, nei campi
di concentramento, non mancava nulla. Un’azione subdola, crudele, ma che, al
tempo stesso, ha potuto dar spazio allo sfogo e alle speranze degli ultimi
giorni di vita dei poveri detenuti e alla ribellione che essi volevano
trasmettere cantando, a gran voce “Libera
me! Libera nos!”.
Foto e articolo di: Veronica Iacobini
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